Hai ricevuto una contestazione disciplinare o una sanzione disciplinare dal tuo datore di lavoro?
Se anche tu hai ricevuto un atto da parte del datore di lavoro diretto a contestare la tua responsabilità disciplinare, continua a leggere questo articolo per capire come comportarti.
Il datore di lavoro ha un potere disciplinare, ovvero di controllo e sanzione sulle condotte dei propri dipendenti che siano contrarie alla legge, all’ordinato svolgimento dell’attività aziendale, all’educazione ed al rispetto delle direttive, nonché in taluni casi allo “spirito” dell’azienda.
Il potere disciplinare tuttavia si può esercitare secondo determinati limiti, previsti dalla legge e dal contratto collettivo di lavoro, e in taluni casi da normative particolari, come ad esempi i regolamenti di ateneo per le Università.
Dopo la commissione di un fatto di rilievo disciplinare da parte del lavoratore, cosa deve fare il datore di lavoro?
Il tuo datore di lavoro ti deve comunicare la contestazione in modo “immediato” o quanto prima dopo la scoperta del tuo comportamento antigiuridico. La contestazione deve essere scritta (e non verbale), e nella stessa il datore di lavoro deve essere specifico nell’indicare i fatti addebitati.
Ricevuta la contestazione disciplinare, cosa devi fare come lavoratore?
Il lavoratore entro 5 giorni dal ricevimento della contestazione può produrre le proprie difese preferibilmente in forma scritta, da solo, tramite sindacato o tramite l’avvocato di propria fiducia, purché il lavoratore sottoscriva personalmente le difese.
Il lavoratore può chiedere di essere ascoltato dal datore di lavoro.
Successivamente alle difese del lavoratore, il datore di lavoro può irrogare la sanzione disciplinare
La sanzione disciplinare deve essere quindi resa dopo il contraddittorio, fondata sulle prove acquisite (e non su fatti non contestati prima al lavoratore), deve essere giusta in quanto proporzionata alla gravità dei fatti contestati.
Le sanzioni possono consistere in richiami scritti o orali, multe, sospensioni dal lavoro con privazione dalla retribuzione, licenziamento con preavviso o senza preavviso.
Molte particolarità discendono dal contratto collettivo di categoria o dal tipo di rapporto di lavoro, ad esempio per i Dirigenti.
L’affissione del codice disciplinare
Con le recenti sentenze indicate a seguire, la Corte di Cassazione ha affermato che per alcune condotte la mancata affissione del Codice non è motivo di nullità della sanzione.
Ad esempio quando il fatto costituisce reato, o la condotta sia contraria al cd. “minimo etico”.
Ovvero ciò che sia immediatamente percepibile come ingiusto, o sia una violazione chiara dei doveri di un dipendente).
Cass. civ. Sez. lavoro, 09/01/2018, n. 279:
“In tema di rapporto di lavoro subordinato, vale il principio secondo il quale, in tutti i casi in cui il comportamento sanzionatorio sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché contrario al c.d. minimo etico o a norme di rilevanza penale, non è necessario provvedere all’affissione del codice disciplinare.
Il principio è estensibile ai casi di sanzioni conservative, atteso che in tali ipotesi il lavoratore ben può rendersi conto, anche al di là di una analitica predeterminazione dei comportamenti vietati e delle relative sanzioni da parte del codice disciplinare, della illiceità e gravità della propria condotta.
Ciò anche qualora ne derivi l’irrogazione di un sanzione conservativa“.
Cass. civ. Sez. VI – Lavoro Ord., 09/04/2018, n. 8703:
“La garanzia di pubblicità del codice disciplinare mediante affissione in luogo accessibile a tutti i dipendenti, non trova applicazione nell’ipotesi in cui il licenziamento faccia riferimento a situazioni concretanti violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro.
Nel caso concreto si configura una condotta connotata di maggiore gravità rispetto al semplice uso scorretto della carta sconto aziendale.
Non assume rilievo la mancanza di espressa previsione sanzionatoria nel regolamento aziendale affisso nel luogo di lavoro.
Il procedimento disciplinare per i dipendenti pubblici o gli enti locali
Il procedimento disciplinare per i dipendenti pubblici e gli enti locali è in gran parte il medesimo previsto per la generalità dei lavoratori subordinati, ma ha alcune peculiarità legate alla natura del pubblico impiego.
E difatti per i dipendenti pubblici la normativa in materia di diritto del lavoro e quella dei CCNL di categoria è integrata anche da. D.Lgs. 165/2001 nonchè dal Codice di Comportamento.
Particolare rilievo hanno assunto nel corso degli anni le procedure in materia di licenziamento dei dipendenti pubblici e per gli enti locali per le:
- false attestazioni in servizio;
- falso utilizzo del badge per risultare in servizio quando non lo si è;
- assenze ingiustificate;
- rifiuto ingiustificato al trasferimento.
Come si impugna la sanzione disciplinare?
La sanzione disciplinare può essere impugnata dal lavoratore:
- entro 20 giorni con la richiesta di conciliazione e arbitrato davanti l’Ufficio del Lavoro;
- con ricorso ex art. 414 c.p.c. al Tribunale del Lavoro competente per territorio.
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